“Una tranquilla vita da vulcano”. L’esistenza di Emily Dickinson

Com'è bello liberare il pensiero e accorgersi che la vita è
molto più ampia dello sguardo. Possiamo anche ruotare a trecentosessanta gradi,
come dervisci, ma senza concedere a noi stessi la vista a perdita d'occhio non
raggiungiamo nulla con occhi pensieri e sentimenti.
Questo piccolo (nel formato) volume dedicato alla vita di Emily Dickinson è uno
sguardo a perdita d'occhio, appunto; scorre libero su una donna in versi, fatta
di poesia, vissuta per la poesia in totale autodeterminazione.
"Una tranquilla vita da vulcano" di Sara De Simone
(Solferino, 2025) è tra i saggi più belli, arrivato come un dono nelle mani. Il
titolo, da solo, prelude a una pulsazione potente, all'inaspettato, al
ribollire di pensieri, scelte, movimenti, solo in apparenza quieti.
Emily Dickinson (racconta tanto bene l'autrice) era una donna vibrante, niente
affatto sola, semmai appartata e solo per una parte della sua vita, per scelta.
Non era fragile, anche se con diversi problemi di salute. Non era malinconica,
anzi, era effervescente, amabilmente pungente come la sua chioma di capelli
fulvi, rimasti belli fino all'ultimo istante di vita.
Leggere queste 127 pagine (più una serie di note puntuali e illuminanti, più
una bibliografia per chi avesse voglia di sondare le fonti utilizzate) è fare
un viaggio di esplorazione e avvicinamento, senza arrivare a tutti costi, senza
cercare aspramente di capire tutto, senza voler avere ogni risposta, insomma,
senza arroganza e pochezza.
La pochezza non c'è. C'è invece un'osservazione ponderata e
allo stesso tempo libera, come all'incipit di questo vagheggio che butto là
dopo tanto. Un avvicinamento a Emily Dickinson, donna di carne e di poesia, fatto
con sguardo libero da pregiudizi, siano (i pregiudizi) sottrazioni o aggiunte.
Su Emily Dickinson si è addensata una mitologia sbagliata che l'ha dipinta reclusa
nella casa paterna, il rifugio incantevole e sicuro di Homestead, a Amherst,
Massachusetts.
Sara De Simone non svela l'impensabile, non scopre nulla; piuttosto osserva la
vita di Emily oltre le apparenze, dentro le parole; e questo aiuta a togliere una
patina coriacea di secoli.
La narrazione procede cadenzando il ritmo sugli eventi biografici più
importanti, dalla nascita alla morte di Emily Dickinson, illuminando con una
luce viva e mai scontata i rapporti umani e letterari che hanno colmato la sua vita.
C'è un'analisi attenta delle lettere scritte e inviate alle persone amate,
ammirate, culturalmente stimolanti o empaticamente vicine per le ragioni più
varie.
Sara De Simone dice quanto dei suoi epistolari sia andato perduto, distrutti dalla
sorella Lavinia per volere della scrittrice (si stima che ne resti una decima
parte).
Nonostante questo, le lettere scritte e ricevute sono una biografia pulsante,
come spesso accade agli epistolari. Gli scambi e le connessioni di Emily
Dickinson (nata e vissuta in epoca vittoriana), così come e soprattutto le sue
poesie pubblicate dopo la morte, sono state ridotte ad interpretazioni
adeguate, sono state aggiustate, pulite, recintate. Solo nel 1955 uscirà una prima
vera edizione critica dei suoi testi poetici. Che a leggere le lettere, pure lì
c'è poesia.
Torno alla bellezza iniziale. Emily Dickinson ha scritto con lievità e
grandezza ogni fremito della natura vegetale e animale, ha scritto l'amore e il
desiderio, per donne e uomini; ha vissuto la comunione di pensiero, la
vivacità, l'eccitazione della vicinanza e quella della lontananza.
Di tutto questo non ha avuto paura. Di tutto questo ha goduto, attraverso la
poesia e le mille connessioni che ha saputo creare nella sua esistenza. Anche
isolandosi, a un certo punto. Anche attraversando le stanze di Homestead e il
giardino, senza andare oltre. Non era reclusa. Viveva ogni istante e in ogni
istante viaggiava. Aveva conosciuto e incontrato uomini e donne capaci di
eccitare il suo pensiero, con tutti intratteneva corrispondenze fittissime. Per
gran parte della vita e fino alla morte ha avuto un rapporto di profondo amore,
ricambiato, con Susan Gilbert (che sposerà il fratello di Emily, Austin, tutto
sommato un modo per stare una accanto all'altra). Un sentimento fatto di
vicinanza assoluta, di lettere, scambi, riflessioni, empatia, durato fino alla
morte di Emily nel 1886, e per Susan anche oltre.
Chiunque voglia leggere le parole di Emily Dickinson, siano
le poesie o le lettere, deve per necessità liberare lo sguardo. Questo dice
Sara De Simone ai lettori, agli avventori, ai pragmatici e ai sognatori.
"Non posso credere, cara Susie, di aver resistito quasi un anno intero senza di
te; a volte sembra meno e il pensiero di te è così caldo, come se fossi partita
ieri. E poi di nuovo, mi sembra che se anni e anni avessero percorso il loro
sentiero silenzioso, il tempo sarebbe sembrato più breve. E ora, com'è vicino
il momento in cui ti riavrò, ti terrò fra le braccia. Mi perdonerai le lacrime,
Susie, sono talmente felici di sgorgare che non ho cuore di rimproverale e
cacciarle indietro" (pag. 60; nota alla citazione: ED a Susan Gilbert, giugno
1852, LED, I, pag. 209).