Sole Cuore Amore, la vita com’è

La vita com'è, senza sconti. È magnifica anche quando è
terribile. Uno sproposito e una contraddizione. Ma le storie che scuotono sono
come terremoti, lastroni che scivolano uno sull'altro e tremano e fanno tremare
tutto. Sono spropositi, appunto, creano antinomie, opposizioni, incoerenze. E
nascono dal niente, sono fatti normali dentro scatole di cristallo,
preziosissimi.
Sto cercando le parole giuste, ma la questione non è giusto
o no. È, piuttosto, quanto le parole rendono lo squasso.
"Sole Cuore Amore" è un film terribile, terribilmente bello,
terribilmente vero, terribilmente giusto. È il nostro tempo, il tempo che
viviamo, quello che ci passa accanto, che solo sfioriamo o ci travolge, che
notiamo appena o ci sbatte addosso ripetutamente e ci lascia contusi.
La vita normale di Eli e Vale è la vita che ci riguarda,
quella che sta nelle vie e nelle case, negli uffici e nei bar, dentro gli
autobus, nella metro, in qualunque angolo di città, al centro e in periferia.
In questo film ci sono le donne, la loro parte migliore, la
peggiore, la forza la paura e la fragilità. Accanto a loro uomini che le amano,
le sfidano, le temono, le abbracciano e le perdono. Un universo
meravigliosamente umano e ferocemente ingiusto.
Eli vive a Roma zona Nettuno, lavora in zona Tuscolana sette
giorni su sette, la domenica mezza giornata. Il patto è questo: ci sei senza
sconti, no giorni liberi, no permessi, paga in nero che vai meglio anche tu. Si
alza alle quattro, rincasa a notte fonda, due ore per andare due per tornare,
autobus poi metro poi a piedi. È sposata con Mario che non trova lavoro, hanno
quattro figli. Quando si alza dormono, quando rincasa dormono, se li gode la
domenica pomeriggio. E non sei contenta?... sì sì moltissimo, che scherzi?... chi
lo molla sto lavoro. Eli tira, tira al massimo, anche quando sta male. Se si
ferma è perduta.
Vale balla, ama la danza come la vita. È brava,
appassionata, ci mette tutta se stessa. Per mantenersi lavora di notte in
discoteca. Quando lei rincasa, Eli esce. Sono più che amiche, sono unite, le
loro vite si incrociano sulle scale o alla fermata. Di giorno Vale sta con i
figli di Eli, quando Mario trova mozziconi di lavoro, a giornata o a ore. E
vanno avanti così. Tutti, fino in fondo. Un fondo cupo ma senza smettere un
attimo di vivere, di essere veri. E senza uno sconto, una tregua, una
leggerezza qualsiasi.
Sono tante le cose che rendono questo film maledettamente
poetico e disarmante. L'evidenza delle cose normali e delle cose ingiuste. Gli
sguardi stremati eppure sorridenti.
La metropolitana. Forse il luogo fondamentale del film. È il
punto nel quale l'umanità si ammassa, scorre in un flusso continuo, è tutta lì
con i suoi carichi pesanti e con l'evanescenza dei corpi e dei pensieri. È più
di tutto la sospensione di Eli. In metropolitana respira, incrocia se stessa,
si schianta.
È anche un meraviglioso espediente cinematografico. Daniele
Vicari lo inserisce come ritmo del film, come luogo di decantazione ed è lì che
la musica prende corpo e diventa elemento fondamentale della narrazione.
La storia scorre senza sosta, tutta d'un fiato e non capisci
come fa a travolgerti così. Ti senti un po' tutti i personaggi, ti senti
perduto, in trappola, senza appigli e infine esausto e liberato. Come Eli nel
suo cappottino rosso adagiata di notte sulla panchina della metro. "Dammi tre
parole, sole, cuore, amore...".
Annotazioni: "Sole Cuore Amore" è diretto da Daniele Vicari; questo come altri suoi film - Diaz (2012) per citarne uno - sono storie urgenti, necessarie, da stendere come i panni al sole. Gli attori: su tutti Isabella Ragonese, perfetta e meravigliosamente perduta nel personaggio. La colonna sonora composta da Stefano di Battista è una scossa per l'anima. Ci mette il suo sax, la magia del suo gruppo e la tromba di Enrico Rava.
Sul film "Sole Cuore Amore" di Daniele Vicari
pubblicato su remweb.it l'11 maggio 2017