Rimini fuori stagione

Di Rimini ho ricordi lontani. Tanti anni fa, quando ero adolescente, papà
ha organizzato una vacanza estiva lì, nella più classica delle ferie lungo la
riviera romagnola. Non era una scelta scontata perché con lui eravamo abituati
alle vacanze in Calabria, nella terra d'origine, su coste suggestive dove l'ombrellone
lo piantavi a fantasia e per raggiungere le spiagge più belle dovevi camminare,
scavallare tratti di scogli naturali e onde schiumose che arrivavano come
torrenti in caduta dall'orizzonte.
Ma quell'anno aveva deciso di dare a tutti una vacanza in hotel fronte
mare, con annesso stabilimento balneare, ombrelloni e sdraio affastellati su
più ordini, bassa marea dove camminare per metri e metri senza andare giù. Non
riesco a ricordare bene il mare di Rimini, ho in mente più i viali da passeggio
colmi di villeggianti, negozi turistici, pizzerie, macchie di luna park sparse
qua e là, un rettilario che mi ha impressionato, e un cinema (ma ce ne saranno
stati di più) dove inevitabilmente ci siamo infilati una sera a guardare un
film indimenticabile, "Lo squalo" di Steven Spielberg, 1975. Non l'ho mai
dimenticato e più di tutto mi resta impressa la scena in cui lo squalo mangia
le gambe di Robert Shaw.
Con papà ho sempre visto film di tutti i generi. Magari era un po'
incosciente, ma non ha precluso nulla ai miei occhi. Ero sempre abbastanza
piccola la volta in cui ho visto con lui "Profondo rosso" di Dario Argento. Non
ho mai avuto incubi violenti o traumi per queste visioni. Forse la sua presenza
mi aiutava a capire che tutto era finzione. So per certo che papà mi ha
insegnato quanto il cinema sia una magnifica magia, che parli di paradisi o di
inferni.
Rimini resta nel mio immaginario per quella vacanza. Ci sono
tornata in stagioni diverse dall'estate, e mai più per una vacanza al mare. Ma
non ho dato importanza alla città. Non l'ho osservata con attenzione. Fino a
qualche giorno fa.
Ci sono andata per due giorni, proprio nell'urbe, piena di storia, resti
romani e ancora più antichi. Al centro di Piazza Luigi Ferrari c'è la "Villa del chirurgo", lo scavo a cielo aperto di una dimora romana del II secolo d.C. Era la casa e lo studio medico di un chirurgo che probabilmente si chiamava Eutyches. L'impiantito è pieno di frammenti mosaicati, splendidi intarsi che certamente si armonizzavano con pareti e colonne dipinte. La villa è visibile a passanti, avventori, turisti e residenti, protetta da una struttura in vetro che la preserva e la mostra.
Rimini è anche piena di luci. D'altra parte è
dicembre e le luminarie non risparmiano nulla. Ma ci sono altre luci dentro la città che non sono natalizie, non ricordano a ogni essere vivente che si avvicinano
le feste, i doni compulsivi, le musiche buone, la fine dell'anno. Sono luci che
scivolano sopra i palazzi, sul selciato, abbracciano il castello che custodisce
il Museo Fellini, e fanno vibrare la facciata del Teatro Galli, il primo e unico
in Italia inaugurato da Giuseppe Verdi. Sono luci cremisi e porpora, intense, stese a
contrastare il buio della notte.
Questa Rimini mi è piaciuta. Non ha a che fare con i ricordi di famiglia,
non in modo immediato. È un'altra Rimini ma ha la pretesa di riportarmi
comunque all'infanzia, a mio padre, alla magia. Forse perché ci è nato Fellini, e anche se il regista non ha praticamente girato film nella sua città, ogni
cosa evoca la sua presenza. Dal Grand Hotel, messo di trequarti al mare, con la
spiaggia che a vederla in questa stagione tuffa i pensieri nelle atmosfere
bizzarre e malinconiche di "Amarcord" e in quelle di tanti altri film di
Fellini che in un modo o nell'altro evocano questo tratto di costa.
E Fellini mi riporta a papà. I suoi film li ho visti prima di tutto con
lui, e con lui ne ho parlato, ci ho riflettuto. Perciò anche questa Rimini
tutta urbana, densa di storia e di storia del cinema, sta nella memoria, in una
infilata di ricordi che, lungi dall'essere pura malinconia, mi riempiono di vita,
sono motore e carburante per pensare, fare, sognare.
Consiglio vivamente Rimini fuori stagione. Ha un'aria svagata, eccitata,
fresca, mossa da un venticello che viene dal mare portando ricordi e cose a
venire. Soprattutto cose a venire.
