Rimini fuori stagione

08.12.2025

Di Rimini ho ricordi lontani. Tanti anni fa, quando ero adolescente, papà ha organizzato una vacanza estiva lì, nella più classica delle ferie lungo la riviera romagnola. Non era una scelta scontata perché con lui eravamo abituati alle vacanze in Calabria, nella terra d'origine, su coste suggestive dove l'ombrellone lo piantavi a fantasia e per raggiungere le spiagge più belle dovevi camminare, scavallare tratti di scogli naturali e onde schiumose che arrivavano come torrenti in caduta dall'orizzonte.
Ma quell'anno aveva deciso di dare a tutti una vacanza in hotel fronte mare, con annesso stabilimento balneare, ombrelloni e sdraio affastellati su più ordini, bassa marea dove camminare per metri e metri senza andare giù. Non riesco a ricordare bene il mare di Rimini, ho in mente più i viali da passeggio colmi di villeggianti, negozi turistici, pizzerie, macchie di luna park sparse qua e là, un rettilario che mi ha impressionato, e un cinema (ma ce ne saranno stati di più) dove inevitabilmente ci siamo infilati una sera a guardare un film indimenticabile, "Lo squalo" di Steven Spielberg, 1975. Non l'ho mai dimenticato e più di tutto mi resta impressa la scena in cui lo squalo mangia le gambe di Robert Shaw.
Con papà ho sempre visto film di tutti i generi. Magari era un po' incosciente, ma non ha precluso nulla ai miei occhi. Ero sempre abbastanza piccola la volta in cui ho visto con lui "Profondo rosso" di Dario Argento. Non ho mai avuto incubi violenti o traumi per queste visioni. Forse la sua presenza mi aiutava a capire che tutto era finzione. So per certo che papà mi ha insegnato quanto il cinema sia una magnifica magia, che parli di paradisi o di inferni.


Rimini resta nel mio immaginario per quella vacanza. Ci sono tornata in stagioni diverse dall'estate, e mai più per una vacanza al mare. Ma non ho dato importanza alla città. Non l'ho osservata con attenzione. Fino a qualche giorno fa.
Ci sono andata per due giorni, proprio nell'urbe, piena di storia, resti romani e ancora più antichi. Al centro di Piazza Luigi Ferrari c'è la "Villa del chirurgo", lo scavo a cielo aperto di una dimora romana del II secolo d.C. Era la casa e lo studio medico di un chirurgo che probabilmente si chiamava Eutyches. L'impiantito è pieno di frammenti mosaicati, splendidi intarsi che certamente si armonizzavano con pareti e colonne dipinte. La villa è visibile a passanti, avventori, turisti e residenti, protetta da una struttura in vetro che la preserva e la mostra.
Rimini è anche piena di luci. D'altra parte è dicembre e le luminarie non risparmiano nulla. Ma ci sono altre luci dentro la città che non sono natalizie, non ricordano a ogni essere vivente che si avvicinano le feste, i doni compulsivi, le musiche buone, la fine dell'anno. Sono luci che scivolano sopra i palazzi, sul selciato, abbracciano il castello che custodisce il Museo Fellini, e fanno vibrare la facciata del Teatro Galli, il primo e unico in Italia inaugurato da Giuseppe Verdi. Sono luci cremisi e porpora, intense, stese a contrastare il buio della notte.
Questa Rimini mi è piaciuta. Non ha a che fare con i ricordi di famiglia, non in modo immediato. È un'altra Rimini ma ha la pretesa di riportarmi comunque all'infanzia, a mio padre, alla magia. Forse perché ci è nato Fellini, e anche se il regista non ha praticamente girato film nella sua città, ogni cosa evoca la sua presenza. Dal Grand Hotel, messo di trequarti al mare, con la spiaggia che a vederla in questa stagione tuffa i pensieri nelle atmosfere bizzarre e malinconiche di "Amarcord" e in quelle di tanti altri film di Fellini che in un modo o nell'altro evocano questo tratto di costa.
E Fellini mi riporta a papà. I suoi film li ho visti prima di tutto con lui, e con lui ne ho parlato, ci ho riflettuto. Perciò anche questa Rimini tutta urbana, densa di storia e di storia del cinema, sta nella memoria, in una infilata di ricordi che, lungi dall'essere pura malinconia, mi riempiono di vita, sono motore e carburante per pensare, fare, sognare.
Consiglio vivamente Rimini fuori stagione. Ha un'aria svagata, eccitata, fresca, mossa da un venticello che viene dal mare portando ricordi e cose a venire. Soprattutto cose a venire.