Richard Ford "Tra loro"

Quando ho letto "Tra loro" di Richard Ford, sarà ormai un paio d'anni fa, sono rimasta colpita da alcune cose fondamentali. Il fatto che dentro un libro, nemmeno molto corposo, ci stesse dentro una buona parte di Novecento, in un'America che dagli anni Venti si porta inesorabile fino agli Ottanta. Poi, il fatto che il libro si compone di due parti scritte a trent'anni di distanza; due parti che si distinguono non tanto per i personaggi e i periodi storici che raccontano, ma per lo stile, dove una ha l'andatura avvincente dello scrittore acerbo, l'altra la stratificazione del narratore consumato, preciso, sciolto. Eppure, tutte le differenze non riescono a disorganizzare il testo. Ford racconta la storia dei suoi genitori, del suo venire al mondo e l'avventura di tre persone molto diverse tra loro ma imprescindibili una dall'altra. Quel "Tra loro" è proprio lo stare di Richard tra i due genitori, Parker Ford e Edna Akin Ford, che hanno cavalcato la vita e il profondo sud degli Stati Uniti, attraversando la grande depressione, la guerra e una serie infinita di cambiamenti sociali. E lui, Richard, figlio unico avuto molto tardi e molto amato, si è incuneato nel loro ménage quasi come un'interferenza. Parker è stato per tutta la vita un commesso viaggiatore, Edna lo ha seguito in una vita nomade, cadenzata e mai uguale a se stessa, finché non è arrivato Richard. E anche così, fino ad un certo punto, hanno continuato a viaggiare e a mantenere il loro naturale nomadismo. Poi, quando la vita li ha costretti ad ancorarsi, Parker andava per tutta la settimana e Edna lo attendeva. Richard è cresciuto libero e radicato insieme. Ha visto suo padre morire, è rimasto con una madre sola, forte, indomita, si è portato dietro l'afflato di una famiglia folle - è magnifico il modo in cui racconta la storia dei suoi nonni - ed è rimasto un ragazzo sgangherato che sa scrivere maledettamente bene. Leggendo questo memoriale - come lui stesso lo chiama - non si può fare a meno di riflettere sulla spaziosa America e, soprattutto, su noi stessi. Sul nostro essere figli di qualcuno, buono o cattivo che sia, sulla nostra capacità di accettarlo, distaccarcene e, insomma, sui tasselli che ci compongono e ci rendono quello che siamo.