Nuovo Olimpo è un cinema

11.11.2023

"Nuovo Olimpo" di Ferzan Özpetek mi ha trasportato dentro una storia bella, un'idea bella di sentimento. Non è certo un capolavoro questo film del regista, uscito da poco solo su Netflix.
Cerco di non pensare troppo alle interpretazioni farraginose, accantono l'aria vagamente soap (senza avere nulla verso le soap, ma per quel tanto di costruito-drammatico-interrotto).
Lascio comunque andare i difetti sparpagliati, alcune ingenuità, qualche forzatura, rimango con lo sguardo alle immagini, alla storia di Enea e Pietro, e penso alle cose bellissime: l'interpretazione di Luisa Ranieri (Titti, la cassiera del cinema Nuovo Olimpo); la voce di Andrea Di Luigi (Pietro); la colonna sonora di Andrea Guerra e le canzoni scelte per il film (da Mina che canta "Povero amore", a Ornella Vanoni con "Se ci sarà domani", poi Loredana Bertè con "E la luna bussò"…); la fotografia e le scenografie alla Özpetek.
Accoccolata nel pomeriggio freddo fuori silenzioso dentro, decido di guardare il film. La storia parte negli anni settanta, passa per gli ottanta, i novanta, i duemila quasi ai giorni nostri, e torna al 1978. È il viaggio di un incontro che poteva essere vita, non lo diventa, però rimane tutto. Per Enea e Pietro è tutto.
C'è nel modo di girare questo film qualcosa di strappacuore (l'aria da soap), una via di mezzo tra un drammone italiano anni quaranta-cinquanta (tipo Amedeo Nazzari e Yvonne Sanson in "Tormento") e una novela brasiliana anni novanta. Non dico questo per svilire le sensazioni, ma per collocarle, darne un colore, un sapore.
Da diversi anni Özpetek fa un saliscendi narrativo, dopo una serie di film sempre più torniti, levigati, dipinti a tinte sue, quasi un segno di riconoscimento, ho visto storie che si perdevano, sciacquate dei colori forti, slavate e un po' trasparenti, poi di nuovo film di sapore o almeno luce. Ecco, la luce nei suoi film ha sempre parlato, ha sempre dato tono e sfondo alle vite sullo schermo.
Anche qui, in "Nuovo Olimpo", la luce avvolge i personaggi e i fili della trama. La curva sembra salire un poco, ogni tanto scivola giù e poi si riprende indecisa. Ma dentro questa ondulazione incerta Enea e Pietro (la loro storia) raccontano l'amore che non passa, che esiste e basta. Anche se li tiene vicini pochi istanti (qualche giorno) e poi li allontana anni (una vita).
Credo che al mondo ci siano collisioni, magari avvenute per caso ma, una volta accadute, nulla è più casuale. Collisioni che, messe in moto, restano. Sembrano perdute e invece sono resistenti come il diamante e come i basalti.
È una prospettiva che mi rattrista un poco, perché il lieto fine tra le persone mi piace; però le storie d'amore che resistono alla lontananza hanno una dimensione incorruttibile, qualcosa che fa vibrare le due parti dell'unione. Enea e Pietro sono queste due parti: profondamente saldati da quella collisione. E poi nulla è stato come prima.