Napoleon che voleva tutto

07.12.2023

Su questo film che mi incuriosiva tanto ho pensieri delusi. Volevo vederlo perché Napoleone raccontato da Ridley Scott e infilato nei panni di Joaquin Phoenix mi sembrava un territorio da gustare. Un personaggio scolpito nella storia, pieno di contraddizioni, feroce e affascinante, egoico e delirante, conquistatore senza limiti, amato, odiato, affascinato; ecco è un po' anche la metafora del tempo che viviamo o la metafora di ogni tempo. Sarà banale dire che ogni epoca ha avuto il suo conquistatore? A scartabellare nel tempo si viene sospinti sempre più in là e le figure brulicano come alberi in una foresta fitta.
Napoleone Bonaparte voleva tutto e ha cercato di avere tutto. L'impressione è che anche questo film volesse tutto. Volesse mettere in scena tutto di Napoleone. Volere tutto può essere un grande proposito, un motore per raggiungere quanto possibile, che non è tutto ma forse gli si avvicina. Però è un'ambizione che ha le sue contropartite e la più dolorosa a me sembra la rinuncia al gusto. Quando ci si muove nel mondo rastrellando più possibile, si perde la finezza delle cose, si perde il gusto di scegliere, di assaporare.
Mi sembra che il "Napoleon" di Ridley Scott abbia rinunciato al gusto. Non credo che a privilegiare un punto di vista, un aspetto della sua vita, il personaggio Bonaparte ne sarebbe uscito sbiadito, poco delineato, mancante di qualcosa. Penso che un solo filo ben dipanato avrebbe dato di Napoleone un'idea piena, eppure rarefatta.
Lasciando sullo sfondo, come un paesaggio sopra una tela, tante vicende storiche (le guerre, le battaglie, le scansioni temporali che invece nel film appaiono come un inutile enorme volume storiografico) e tenendo in primo piano quel filo, Ridley Scott e più ancora di lui Joaquin Phoenix, avrebbero raccontato un Napoleone smisurato, denso, attraente e respingente come d'altra parte era.
Il regista ha giustamente dichiarato che voleva raccontare il suo Bonaparte e, ancor di più, voleva che Phoenix lo facesse suo (cosa che effettivamente è accaduta, con esito felice direi). Non gli interessavano l'aderenza storica, il rigore filologico, la congruenza dei fatti.
Penso che un film sia un grande sogno, anche quando racconta la realtà. È insensato pretendere esattezza e rigore. A meno che non si stia realizzando un saggio, un documento, un'analisi puntuale, le narrazioni per immagini hanno il diritto di folleggiare, di disegnare pieni e vuoti, di raccontare la Storia in modo impreciso. Basta essere onesti con sé stessi e con gli spettatori. Ridley Scott lo è.
Per questo, a me non importa se Napoleone storicamente non era presente in Place de la Révolution mentre a Maria Antonietta tagliavano la testa, e se nella Necropoli di Giza, ai piedi delle Piramidi, non ha guidato alcuna battaglia, come invece appare nel film. Mi interessa molto di più che la storia raccontata crei spazio nei miei pensieri, stimoli domande, lasci in sospeso sensazioni. E d'altra parte, perché si dovrebbe pretendere di rendere esaustivo un personaggio come Napoleone? Desidero conoscerlo sì, ma più di tutto, attraverso un film, desidero esserne avvinta, nel bene e nel male.
Uno dei piani più belli raccontati nel film (quello che secondo me meritava di essere il filo teso in primo piano, lasciando il resto sul fondo del paesaggio) è il lungo, complicato, febbrile, caldo, felice e doloroso rapporto con Giuseppina di Beauharnais, la prima moglie, amatissima, controversa, ripudiata perché incapace di dargli un erede, cercata e amata fino alla fine, amica, confidente, mai dimenticata. Questo rapporto, non semplicemente sentimentale ma anche strategico, poteva condurre tutto il film, poteva addirittura portare lo sguardo dello spettatore dentro le guerre, le conquiste, le sconfitte, senza mostrare la dimensione colossale dei campi di battaglia.
Lo avrei preferito. Avrei preferito vedere Joaquin Phoenix e Vanessa Kirby (Napoleone e Giuseppina, bravissimi) attraversare gli avventurosi e sventurati decenni dell'impero Bonaparte come una bussola del tempo, degli accadimenti, degli umori di un'intera nazione.