I nostri fantasmi

Una Sicilia ancestrale, colma di magarìe e déi pagani. Una
Sicilia profonda chiusa nel ventre, piena di silenzio, dove chi parla è un
infame. Ci sono boschi di querce, monti
aspri sferzati dal vento, nuvole gonfie, cardi aggrappati agli spigoli delle
rocce. Un mondo tutto alto e distante. In questo universo che non diresti mai
che è un'isola, quella piazzata al centro del Mediterraneo, baciata dal mare, dalle
arsure estive, dal chiasso di grilli e cicale, qui ci sono Luna e Giuseppe, due
adolescenti immersi in questo mondo fabuloso, circondati dalle magarìe dei
boschi.
Fabio Grassadonia e Antonio Piazza ci raccontano una storia
magica e terrificante, qualcosa che ci appartiene nel profondo. Che possiamo
anche decidere di guardare da una certa distanza, tanto la Sicilia è laggiù,
staccata dal resto, ma che non ci scolliamo di dosso, per quanto la spingiamo
giù nei cunicoli dell'oblio, come tante nostre storie.
"Sicilian Ghost Story" racconta in modo fiabesco, ma niente
affatto trasognato, la sparizione di Giuseppe Di Matteo, figlio di Santino Di
Matteo collaboratore di giustizia che parlò parlò e parlò a lungo. E così la
mafia si prende Giuseppe nel 1993 e lo scioglie nell'acido nel 1996, dopo 779
giorni di sequestro e agonia. Giuseppe è figlio di un infame.
In questo racconto immerso in una bellezza disarmante e in
un silenzio duro come le pietre, il filo di tutto passa attraverso Luna,
compagna di scuola innamorata di Giuseppe. Lo segue nel bosco, gli dà una
lettera d'amore, lui si trasforma in cavaliere e danza per lei sul suo cavallo.
Un attimo dopo scompare e lei lo vedrà solo nei suoi sogni.
Il film scorre tra l'eroismo caparbio di Luna, sola contro
tutti, a cercarlo senza sosta, e la consunzione di Giuseppe, che di giorno in
giorno perde le forze e la speranza. Non ha niente con sé, solo la lettera di
Luna, unica cosa rimasta addosso a lui oltre ai vestiti. Quel niente
terrificante di quando veniamo tolti all'improvviso da tutto e il nostro tutto
resta irrimediabilmente indietro. Anche Luna rimane con niente. Sceglie di
restare solo con se stessa perché il mondo che la circonda non ha nessuna
intenzione di ascoltarla. Quel mondo siamo tutti noi, irrimediabilmente.
"Se ti sogni una cosa, vuol dire che può esistere", scrive
nella lettera. È il pensiero più profondo di questo film. Luna sogna Giuseppe.
Lui sogna di tornare libero e sogna Luna, perché è l'unica che lo cerca.
Giuseppe scompare in senso letterale, senza che rimanga una
traccia di lui. Del suo dissolversi tutto quello che percepiamo sono uomini di
spalle che si muovono taciturni, rumore di bidoni, di liquidi, un tuffo e poi
il suono di una spuma leggera, qualcosa che frigge lentamente e a lungo. Luna
si lascia andare all'oblio dopo aver lottato oltre i limiti del suo corpo e
della sua volontà. Ma nella magarìa li vediamo insieme a sognare quello che può
esistere.
Forse una storia come questa, profondamente vera, pesante
come il piombo e aggrappata al nostro passato, forse poteva essere raccontata
solo così. Davanti a tutto due ragazzini, sullo sfondo uomini e donne chiusi
nel silenzio e nell'impunità. Non è edificante, ma è vero. Anche se tutto ci
appare come incantato in una natura elfica, in una favola sospesa dal tempo e
dallo spazio, l'unica cosa reale in cui valga la pena trovare un senso, sono
Luna e Giuseppe. Il resto sono i nostri fantasmi.
Annotazioni: è il film di apertura alla 56. Semaine de la Critique al Festival di Cannes di quest'anno. Il soggetto è liberamente ispirato al racconto "Un cavaliere bianco" di Marco Mancassola, edito da Einaudi. Le riprese del film sono state realizzate nel Comune di Troina, in provincia di Enna. Chi ha avuto la fortuna di passare in queste zone della Sicilia, conosce la magia delle montagne, il profumo dei boschi e quella sensazione di inaspettato.
Sul film "Sicilian Ghost Story" di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza
pubblicato su remweb.it il 19 maggio 2017