I buoni sentimenti e le campane

Qualche tempo fa, era più o meno la fine di novembre, mi
hanno segnalato uno spot che da qualche giorno passava in tivù. Non la guardo
più da diverso tempo, dunque l'ho cercato in internet e poi comunque me lo sono
ritrovato sullo schermo grande grande del cinema. È la pubblicità di un pandoro
fatta con tutti i crismi, perfino quelli del regista Paolo Genovese. In verità
per il pubblico di consumatori ne ha preparate due versioni, ma una in
particolare è una vera chicca. Un Natale in famiglia ai giorni nostri, una
donna di età media alla luce dell'albero di Natale guarda vecchie foto e
comincia a ricordare un Natale degli anni Settanta. C'è tutta la famiglia, compreso
il suo ragazzo e futuro marito. Tra lui e l'amata sorella nasce una simpatia
più che evidente ma lei, tra zampate da leonessa e colpi bassi alla sorellina,
se lo tiene stretto. Capiamo che questo fatto ha rovinato il rapporto tra le
due, anche dopo tanti anni.
Ma siccome a Natale puoi, torniamo ai giorni nostri e
vediamo la mogliettina felice correre a casa della perdente e proporle la fetta
di pandoro della riconciliazione. E la sorella cosa fa? La divide in due. Ecco,
quando ho visto questa réclame il sangue ha cominciato a bollirmi dentro.
Perché non è vero, a Natale non puoi. E questi sono i buoni sentimenti di cui,
a parer mio, nessuno ha bisogno. Soprattutto a Natale.
Se un dolore che dura da decenni può trovare una ragione per
passare, per favore, facciamo che non sia a Natale. Un arco di tempo abusato,
sfiancato da frasi, pensieri, dolcezze varie, sguardi consolatori. Che poi
appena passa, torna tutto come prima e anche peggio.
Ed è anche fin troppo scontato dire che i buoni sentimenti
di cui tentiamo tutti di vestirci a Natale, dovremmo averli tutto l'anno e non
solo quando il calendario e le agenzie pubblicitarie ci dicono di diventare più
buoni con il mondo.
Sempre qualche tempo fa ho visto un film che racconta molto
bene cosa vuol dire non accorgersi degli altri e, di conseguenza, non tenere
conto dell'esistenza degli altri. Si intitola "The Square", è una produzione
europea, Svezia in testa, e alcuni cinema lo ripropongono in questi giorni di
buoni sentimenti.
In verità nel film ce ne sono ben pochi di sentimenti
fragranti e dolci. C'è, invece, forte l'idea che i sentimenti ci mancano
proprio o sono qualcosa con cui ci agghindiamo. Uno strumento che rimbomba come
la cavità di una campana, magnifica e vuota.
Christian è il curatore di una galleria d'arte contemporanea
a Stoccolma. Un uomo all'apice del successo, sereno e molto creativo. Con
piglio sicuro si accinge a inaugurare una nuova, originalissima installazione
proprio nella piazza antistante il museo dal titolo The Square, appunto. Un
semplice quadrato di pochi metri sul selciato delimitato da quattro linee
luminose. L'area viene definita un santuario di fiducia e altruismo e l'invito
rivolto ai passanti è quello di entrarci e di accettare gli altri con uguali
diritti e doveri, senza pregiudizi.
L'evento è molto atteso e l'ufficio marketing del museo si
affida a uno studio di creativi per dare all'installazione la massima
visibilità. Ma, proprio a ridosso dell'inaugurazione, Christian viene derubato
di portafoglio e cellulare per la strada. Tutta la sua flemma e fiducia nel
mondo hanno uno scossone e tutte le sue energie si concentrano sul ladro, di
cui individua la posizione grazie al rilevatore satellitare del telefono. È in
un palazzo alla periferia della città, un casermone con decine e decine di
appartamenti. La sua rabbia è così cieca che recapita un messaggio minatorio a
tutte le abitazioni del condominio. Non sapendo chi è il ladro, in via
preventiva lo sono tutti.
Nel frattempo il museo procede con il lancio di The Square.
L'idea dei pubblicitari è quella di uno spot con un messaggio di segno opposto
alle intenzioni dell'artista, per cui nel quadrato magico ci finisce una
bambina, candida e inconsapevole, che esplode sotto gli occhi del mondo come un
kamikaze. Tutti perdono il controllo di tutto, lo shock è generale e unanime e
l'opera ottiene visibilità oltre ogni limite.
Ecco, forse vale la pena andare a vedere questo film in
questi giorni dolciastri. Per ricordare a noi stessi quanto ci dimentichiamo
dei motivi per cui viviamo, respiriamo, siamo contigui agli altri e, in breve,
stiamo al mondo. Con o senza pandoro.
Annotazioni: "The Square" è diretto da Ruben Östlund, il film ha vinto la Palma d'oro a Cannes e rappresenterà la Svezia agli Oscar (2018, ndr) nella categoria miglior film straniero.
Sul film "The Square" di Ruben Östlund
pubblicato su remweb.it il 28 dicembre 2017