Di sogno e di tenebra. Riflessioni sulla fedeltà

"Lost in Translation" è un bellissimo film con una giovane
sofisticata Scarlett Johansson e un attempato bravissimo Bill Murray in una
delle sue interpretazioni migliori. Lost in translation, perso nella
traduzione, accade sempre quando si passa da un codice a un altro, da una
lingua a un'altra, da un testo scritto a un film.
"Una storia di amore e di tenebra", romanzo autobiografico
dello scrittore israeliano Amos Oz, racconta la sua infanzia in un momento
storico dirompente e delicato per le terre di Palestina, la fine del
protettorato britannico e la proclamazione dello Stato, anzi due sulla carta,
di Israele nel 1948. Su questo sfondo la famiglia Klausner - Oz, in ebraico
forza, è uno pseudonimo - vive e patisce. Soprattutto la madre, donna fragile
innamorata del figlio, che prova a sublimare ogni dolore inventando e
raccontando meravigliose favole per lui. Natalie Portman ne fa un film, "Sognare
è vivere". Lo ha voluto con determinazione, ha comprato i diritti nel 2006 e ha
lavorato alla sceneggiatura per anni.
"Sognare è vivere" è un azzardo, perché Amos Oz è un
narratore forte e lieve, l'incedere della sua scrittura è lento e trasognato,
le storie si srotolano davanti ai nostri occhi come pergamene e le sue visioni
non sono facili da restituire. E lei è alla sua prima regia.
Il difficile lavoro di tradurre un racconto scritto in un
racconto visto. La tentazione di farlo restando fedeli al testo, aderenti alla
narrazione. Difendo strenuamente la necessità di non farlo. La necessità di
trasformare una storia scritta in una fatta per essere vista, tradendo
amorevolmente il testo. Per una semplice ragione. Quello che uno scrittore
disegna con le parole, scatena l'immaginazione di ciascuno di noi in modo
diverso. Quando leggo, vedo qualcosa che è solo mio. Costruisco volti,
paesaggi, ambienti liberando le sinapsi, smuovendo il bagaglio di suppellettili
che compone i miei pensieri, la fantasia.
Quando guardo un film ho tutto davanti a me, posso dare
alcune priorità allo sguardo, lasciarmi trasportare da emozioni, sensazioni - a
volte neppure questo, a volte non ho scelta perché rimango travolto dai sensi -
ma non posso assaporare con l'immaginazione. Il corredo di suppellettili
interiore si smuove eccome, ma preme tasti diversi. E ci sono mille altre
dimensioni che divergono: in un film non posso mantenere la stessa scansione di
spazio e tempo che ritrovo nel libro, né costruire le stesse digressioni,
volteggiare di pensieri, monologhi interiori, descrizioni di cose luoghi e
persone. Servono delle strategie inaspettate che rapiscano gli occhi e tutti i
sensi.
La traduzione di una storia letta in una vista deve avere il
dono della libertà. La fedeltà al testo è inutile, addirittura deleteria.
Perché restiamo quasi sempre delusi da un'immaginazione tradita, soffocata da
qualcosa che non ci appartiene. Letto o no il libro, è importante che le due
narrazioni prendano strade diverse, una ispirata all'altra, ma libere di andare
altrove. È l'unica chance per un film di vivere in modo originale, di non
essere una brutta inopportuna trasposizione.
"Sognare è vivere" ha il dono di una certa lievità, ma ha il
limite della frammentarietà. Si sforza di tenere insieme i personaggi, la
dimensione storica potente e la profondità dello scrittore. Ma è troppo e il
filo delle cose spiaggia. Ed è un peccato perché è evidente la ricerca di
intensità, il desiderio di accompagnarci nell'amore e nella tenebra. Forse,
bastava essere un po' meno fedele a Oz per essere più vicino a lui.
Annotazioni: Di Amos Oz colpiscono gli occhi limpidi.
Dentro sembrano passare tutte le sue storie. È uno scrittore trasognato, sì, ma
è radicato nella terra, nella storia, negli strazi e nel fuoco politico e
sociale dei due Stati, che ha sempre sostenuto. Ha scritto tantissimo tra
romanzi, racconti, saggi e articoli. Oltre a "Una storia di amore e di tenebra"
(2002), vale la pena avventurarsi nel suo primo romanzo "Altrove, forse"
(1966), perché è il primo romanzo; e poi "Conoscere una donna" (1989), "Non
dire notte" (1996) e molto altro..
"Lost in Translation" (2003), scritto e diretto da Sofia
Coppola, ha vinto una valanga di premi meritati. Il titolo del film apre mondi
e ha dato spunto a queste divagazioni.
Sul film "Sognare è vivere" di Natalie Portman
pubblicato su remweb.it il 16 giugno 2017