Antonio Canova. La casa natale e la Gypsotheca a Possagno

Nel cuore di Possagno, provincia di Treviso, c'è la casa natale di
Antonio Canova con la Gypsotheca che custodisce i gessi di una miriade di opere
dello scultore, prima di diventare marmo.
Ci sono andata il 25 ottobre, dopo un volo in parapendio sulle creste del Monte
Grappa, desiderato a lungo, solo all'apparenza spericolato, per me un attimo di
lievità dopo mesi di pragmatismo estremo e cambi di vita.
Volare sopra il mondo e poi immergermi nella bellezza delle forme di Canova, è
stato il respiro profondo dopo un'apnea, l'alba rosa e arancio dopo una notte
buia e greve. Non è che poi la notte non torni, ma per un po' è meno insostenibile.
L'arte e uno sguardo dolce sulle cose hanno il potere di illuminare gli angoli
bui, umidi, compressi e di avere a tratti occhi ben aperti su ogni cosa.
La casa di Antonio Canova è una grande struttura del Seicento a più piani,
con un edificio principale e articolata in più volumi, compresa una torretta
ampia, illuminata da grandi finestre, destinata dallo scultore a immensa
biblioteca e a studio per leggere e pensare. C'è un giardino meraviglioso, rigoglioso
di alberi, cespugli, sentieri. Provare ad immaginare il tempo trascorso dall'artista
in questo spazio, porta il pensiero verso la lentezza e la ricchezza di
suggestioni che potevano animarlo.
Si attraversano le stanze della vita quotidiana e ogni parete del museo è fitta
di disegni, tempere, tele, opere preparatorie per le sculture, schizzi per
definire un volto, una piega, la sequenza di un complesso scultoreo come
narrazione di un mondo reale o mitico.
Stanza dopo stanza si arriva al suo laboratorio, quello dove si preparavano i negativi dei gessi, e poi le forme in gesso dalle quali usciva il marmo scolpito, almeno le più dimensionate: teste, busti, figure intere che non fossero monumentali. Tutto è appoggiato come se Canova dovesse entrare da un momento all'altro per studiare le forme, dare dettagli, iniziare un corpo nuovo.
Quando si arriva alla Gypsotheca, prende una vertigine. È uno spazio immenso, una galleria in parte ampliata da un intervento di Carlo Scarpa che aggiunge bellezza alla bellezza, luce alla luminosità dei gessi bianchi. Qui tutto è a grandezza reale, sembra di vedere i marmi sparsi tra chiese, palazzi, musei. Difficile staccare gli occhi da ogni pezzo. Canova possedeva il senso dell'armonia, dava forma ai corpi umani (persone o divinità) come fossero di carne e però di una umanità lieve. È impressionante come questa sensazione arrivi anche davanti a sculture come "Ercole e Lica" o "Teseo in lotta col centauro". Quando lo sguardo cade sui corpi innamorati di "Venere e Marte" o "Amore e Psiche stanti", arriva una sorta di sconfitta delle tenebre, il pensiero sale lungo le linee, occhi e pensiero insieme, perché non sono semplicemente belli, sono totalmente compiuti, nulla stride, nulla manca, ma è come se ad ogni ritorno di sguardo fossero mai uguali. Questo a me pare il trionfo di una magnifica imperfezione, umana, vitale.
Carlo Scarpa. La Gypsotheca gode di un suo intervento architettonico che ha soffiato luce e volumi in uno spazio già immenso, eppure propenso ad allargarsi. L'ampliamento è un'opera nell'opera che immerge lo sguardo nei riflessi di luce sopra i gessi di Canova. Fuori, attraversando il giardino tra fronde, sentieri, pozzi e scale, si può visitare la mostra temporanea dedicata a lui: "Carlo Scarpa e le arti alla Biennale. Opere e vetri dalla Collezione Gemin", aperta fino all'11 gennaio 2026. Tra le miriadi di forme, progetti, idee realizzate dal grande architetto, ci sono i vetri, una ventina di pezzi ideati come consulenza di Scarpa per le ditte vetrarie di Murano Cappellin e Venini. C'è poi il suo lavoro di progettista per gli spazi della Biennale Arte del 1968. Infine, c'è una sequenza di opere di Paul Klee, Gustav Klimt, Giorgio Morandi, Alberto Viani e altri ancora, che fanno parte, come gli altri pezzi della mostra, della collezione di Luciano Gemin, architetto, grande amico e collaboratore di Carlo Scarpa.
Ecco, andar per cieli e per terre in una giornata di sole d'autunno ha un sapore intenso. L'adrenalina scatenata dal parapendio ha trovano una dolce calma nel mondo di Antonio Canova, nelle forme del più grande scultore (e non solo) neoclassico, ma in fondo senza limiti di spazio e di tempo per definirlo.
